di Vincenzo Medde

Spartizione della Polonia tra Tedeschi e Sovietici

1. Spartizione della Polonia fra Tedeschi e Sovietici

Vladimir Putin il 18 giugno 2020 sulla rivista americana «The National Interest» ha pubblicato un lungo articolo The Real Lessons of the 75th Anniversary of World War II per presentare la versione russa e personale delle vicende che portarono alla Seconda guerra mondiale. In questo articolo Putin riprende alcuni punti di vista esposti al summit informale della Comunità degli Stati Indipendenti il 20 dicembre 2019.

L’intervento al summit – presentato come veritiera ricostruzione storica – secondo Sergey Radchenko, docente di politica internazionale all’Università di Cardiff, non avrebbe mai avuto neppure la sufficienza in nessuna università rispettabile, né avrebbe potuto essere pubblicato in alcuna rivista seria.

Anche l’intervento su «The National Interest» – che pure pretende di essere basato «exclusively on archive documents and contemporary evidence while avoiding any ideological or politicized speculations» – appare a tratti più comizio e perorazione retorica che ricostruzione storicamente discutibile ma attendibile, e si fa fatica a credere che gli storici russi che hanno aiutato Putin non siano in grado di produrre analisi, certo di parte, ma almeno un po’ più sofisticate.

In effetti, la ricerca storica professionale – che attinge non solo dagli archivi occidentali, ma anche da quelli, disponibili dopo il 1989, di paesi come la Russia, la Polonia, l’Ucraina, i paesi baltici, e che si giova della conoscenza non solo dell’inglese e del tedesco, ma anche del russo, del polacco, del yiddish, delle lingue baltiche – ha prodotto ricostruzioni che documentano una realtà storica ben diversa da quella presentata da Putin. Qui sotto alcuni esempi tratti soprattutto, ma non solo, dai libri e dai saggi dello storico americano Timothy Snyder.

1. Quando ha avuto inizio la Seconda guerra mondiale?

Putin: «It was the Munich Betrayal that served as a "trigger" and made the great war in Europe inevitable». Putin: «È stato il Tradimento di Monaco la causa scatenante che ha reso inevitabile la grande Guerra in Europa».

 

Secondo Timothy Snyder «la Seconda guerra mondiale ha avuto inizio con l’alleanza tra Hitler e Stalin» (Snyder, Echoes).

Per cinque anni i Polacchi avevano respinto le insistenti offerte dei Tedeschi di stringere un’alleanza contro l’Urss, l’ultima volta il 25 gennaio 1939 a Varsavia quando rifiutarono l’ennesima offerta del ministro degli esteri tedesco, Joachim von Ribbentrop. Quello stesso giorno il «New York Times» pubblicò un articolo del ministro degli esteri polacco Józef Beck in cui, di fronte al mondo, veniva chiarito che la Polonia non si sarebbe mai schierata né con la Germania né con l’Urss in una eventuale guerra tra le due potenze (Snyder, Terre di sangue: 146; Terra Nera: 130).

I Sovietici, invece, che ritenevano la Polonia un «mostruoso parto del trattato di Versailles», giusta la definizione di Molotov (Graziosi: 448), il 23 agosto e il 28 settembre 1939 sottoscrissero dei patti con protocolli segreti che avevano come obbiettivo la spartizione della Polonia tra Germania e Urss e l’assegnazione dei territori baltici ai Sovietici. La Polonia venne invasa dai Tedeschi il 1° settembre e dai Sovietici il 17, il 3 Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. È così che ebbe inizio la Seconda guerra mondiale.

Nella tragedia dei Polacchi ebbe modo di manifestarsi anche il cinismo vendicativo dei Sovietici. Il 17 settembre, alle 3 del mattino, l’ambasciatore polacco venne convocato al Ministero degli esteri e gli fu comunicato che non godeva più dell’immunità diplomatica, tenuto conto del fatto che lo Stato polacco si era "dissolto", era "crollato" – questi i termini poi usati da nazisti e sovietici nei documenti del 28 settembre. Lo staff dell’ambasciata polacca fu salvato dall’ambasciatore tedesco Schulenburg (Wedgewood Benn: 713).

Il 22 settembre i comandanti Heinz Guderian per i Tedeschi e Semyon Krivoshein per i Sovietici si incontrarono a Brest e organizzarono una parata: di fronte ad un palco improvvisato per le autorità militari, sfilarono reparti di fanteria, truppe motorizzate, carri armati, pezzi di artiglieria; quindi ci fu l’alzabandiera: della Kriegsflagge accompagnata dall’inno Deutschland, Deutschland über alles, della bandiera rossa con falce e martello accompagnata dall’Internazionale. Il giorno dopo, al quartier generale, Krivoshein ricevette due giornalisti tedeschi con i quali brindò a Hitler e a Stalin “uomini del popolo”. Diede loro anche il suo indirizzo a Mosca, invitandoli a fargli visita «dopo la vittoria sull’Albione capitalista» (Moorhouse).

Parata nazi-sovietica

2. Heinz Guderian per i Tedeschi e Semyon Krivoshein per i Sovietici alla parata nazi-sovietica del 22 settembre 1939

Nessuno può sapere che cosa sarebbe successo se il patto nazi-sovietico non fosse stato stipulato o se l’Urss fosse rimasta neutrale; ma, senza l’alleanza e la garanzia che non ci sarebbe stato un attacco da est, i Tedeschi avrebbero potuto sbaragliare così velocemente e facilmente la Francia nel 1940? Senza il grano e il petrolio sovietici la Wehrmacht avrebbe potuto invadere Danimarca, Norvegia, Belgio, Olanda e Lussemburgo? Senza il petrolio e il grano sovietici i Tedeschi avrebbero potuto bombardare Londra ed evitare gli effetti del blocco britannico? Insomma, i Tedeschi, che hanno la responsabilità diretta nello scatenamento della Seconda guerra mondiale, approfittarono delle condizioni propizie derivanti dal patto Ribbentrop-Molotov e la guerra ha avuto inizio proprio con la stipula di tale patto (Snyder,The fatal fact).

Con altrettanta determinazione si esprime lo storico tedesco Ernst Nolte. «[…] è escluso che Hitler avrebbe attaccato la Polonia se al suo confine orientale ci fosse stata una grande potenza nemica. […] Non è pertanto possibile alcun dubbio sul significato di questo patto. L’Unione Sovietica dava via libera alla Germania per la guerra contro la Polonia: si trattava cioè di un patto di guerra. Questa guerra doveva portare insieme anche alla divisione dell’Europa orientale in sfere d’influenza: in questo senso il patto rappresentava un patto di divisione. E, almeno per quel che riguarda la Polonia, la divisione non si limitava a stabilire delle zone di influenza, ma suggeriva la scomparsa delle stesso Stato polacco come realtà nazionale autonoma: il patto era dunque un patto di annientamento» (Nolte: 320-321).

Per concludere in estrema sintesi su questo punto, l’Unione Sovietica con il patto Molotov-Ribbentrop rese possibile l’inizio della guerra e con gli scambi economici creò le basi per il suo proseguimento.

2. Il Patto di Monaco, la Cecoslovacchia e l’Unione Sovietica

Putin: «Today, European politicians, and Polish leaders in particular, wish to sweep the Munich Betrayal under the carpet. Why? The fact that their countries once broke their commitments and supported the Munich Betrayal, with some of them even participating in divvying up the take, is not the only reason. Another is that it is kind of embarrassing to recall that during those dramatic days of 1938, the Soviet Union was the only one to stand up for Czechoslovakia […] Poland played its role in the failure of those negotiations as it did not want to have any obligations to the Soviet side. Even under pressure from their Western allies, the Polish leadership rejected the idea of joint action with the Red Army to fight against the Wehrmacht». Putin: «Oggi, i politici europei, e i Polacchi in particolare, vogliono nascondere il Tradimento di Monaco sotto il tappeto. Perché? Il fatto che i loro paesi una volta abbiano violato i propri impegni e favorito il Tradimento di Monaco, partecipando addirittura alla spartizione, non è l’unico motivo. Un altro è l’imbarazzo a ricordare che durante quei drammatici giorni del 1938 l’Unione Sovietica fu l’unico paese a schierarsi con la Cecoslovacchia […] La Polonia ha le sue responsabilità nel fallimento di quel negoziato dal momento che rifiutò ogni impegno con l’Urss. Sebbene sollecitati dai suoi alleati occidentali, i governanti polacchi rifiutarono l’idea di un'azione congiunta con l'Armata Rossa per combattere contro la Wehrmacht».

 

«… durante quei drammatici giorni del 1938 l’Unione Sovietica fu l’unico paese a schierarsi con la Cecoslovacchia», asserisce Putin. Ma vale la pena tornare al 1938 e a Monaco con un’altra guida, Terra Nera di Timothy Snyder (pp. 121-126). La Cecoslovacchia si considerava una democrazia occidentale e la sua particolare combinazione di libertà e prosperità era unica nell’Europa centrale e forse nel continente. C’è per lo meno da dubitare che i Sovietici davvero intendessero difendere quel paese. L’Urss non condivideva alcun confine con la Cecoslovacchia, perciò l’Armata Rossa avrebbe dovuto attraversare il territorio della Polonia o della Romania, cosa che entrambi i paesi, ma soprattutto il primo, non avrebbero mai potuto permettere, e per valide ragioni. Ragioni che Stalin e Molotov, anche in sedi istituzionali, chiarirono un anno dopo Monaco affermando che si auguravano lo smembramento della Polonia in vista dell’annessione di nuovi territori all’Urss (si veda più sotto 3. I protocolli segreti del patto Molotov-Ribbentrop).

Ancora nel 1938, era in corso in tutta l’Urss una feroce campagna di deportazioni e di sterminio etnico per fucilazione di cittadini sovietici di origine polacca, in particolare nell’Ucraina occidentale, che confinava con la Polonia; si trattava dell’aspetto “nazionale” del Grande Terrore che imperversò in Urss nel 1937-38. A partire dal 15 settembre 1938, nel quadro dell’Operazione polacca, speciali troike portarono a termine numerose esecuzioni di massa sulla base di istruzioni orali inequivocabili: “I Polacchi vanno completamente sterminati” (Snyder, Terra Nera: 126). Le troike si spostavano di località in località e dopo sommarie istruzioni comminavano le condanne: gli uomini venivano fucilati, le donne e i bambini deportati nei Gulag. Nell’area di Zitomyr, al confine con la Polonia, il 22 settembre le troike condannarono a morte cento persone, centotrentotto il 23, quattrocent’otto il 28.

Se l’Armata Rossa, con l’NKVD al seguito, avesse attraversato la Polonia, i Polacchi sapevano cosa dovevano aspettarsi. Timori d’altra parte confermati dalla violenza dispiegata dai Sovietici dopo l’invasione del 17 settembre quale esito pianificato del patto Molotov-Ribbentrop.

L’accusa di Putin che gli Europei, e i Polacchi in particolare, abbiano tradito la Cecoslovacchia, partecipando addirittura alla sua spartizione, allude forse all’annessione da parte della Polonia, nel 1938 e a seguito del Patto di Monaco, di Zaolzie, regione della Cecoslovacchia a maggioranza polacca. Secondo lo storico polacco Sławomir Dębski si trattò di un errore e di una trappola che la Polonia non seppe evitare. Errore che nel 2009 l’allora presidente Lech Kaczyński riconobbe:«La partecipazione della Polonia alla riduzione del territorio della Cecoslovacchia non è stato solo un errore - è stato un peccato, e la Polonia può ammetterlo»; mentre,osserva infine Dębski, «Il mondo sta ancora aspettando parole simili dal leader russo».

Putin ricorda il “tradimento” degli occidentali del 1938 ai danni della Cecoslovacchia, ma non ricorda un altro tradimento occidentale, quello ordito contro la Polonia e i tre paesi baltici, da Americani e Britannici, che al vertice di Teheran, il 28 novembre-1° dicembre 1943, decisero di cedere a Stalin la metà polacca che aveva invaso nel 1939 e l’annessione di Lituania, Lettonia, Estonia all’Urss come «conforme alla volontà delle popolazioni». Di fatto, Churchill, Roosevelt e Stalin non fecero che ratificare la politica di spartizione che Nazisti e Sovietici avevano concordato con il patto Molotov-Ribbentrop (Snyder, Terre di sangue: 341, 569 nota 44; Werth: 388).

Polonia 1933-1945

3. Polonia 1933-1945. Area rosa tratteggiata: territori ceduti dalla Polonia all'Urss come deciso al vertice di Teheran

 

3. I protocolli segreti del patto Molotov-Ribbentrop

Putin: «Nowadays, we hear lots of speculations and accusations against modern Russia in connection with the Non-Aggression Pact signed back then. Yes, Russia is the legal successor state to the USSR, and the Soviet period – with all its triumphs and tragedies – is an inalienable part of our thousand-year-long history. However, let us recall that the Soviet Union gave a legal and moral assessment of the so-called Molotov–Ribbentrop Pact. The Supreme Soviet in its resolution of 24 December 1989 officially denounced the secret protocols as "an act of personal power" which in no way reflected "the will of the Soviet people who bear no responsibility for this collusion."». Putin: «Oggi, a proposito del Patto di non aggressione firmato con la Germania, si sentono molte speculazioni e accuse contro la Russia attuale. Sì, la Russia è l’erede legale dell’Urss, e l’epoca sovietica – con tutti i suoi successi e le sue tragedie – costituisce parte inalienabile della nostra storia millenaria. D’altra parte, lasciatemi ricordare che l’Unione Sovietica ha fornito una valutazione legale e morale del cosiddetto Patto Molotov-Ribbentrop. Nella sua risoluzione del 24 dicembre 1989, Il Soviet Supremo ha condannato i protocolli segreti del patto come “atto di potere personale” che in alcun modo rifletteva “la volontà del popolo sovietico, il quale perciò non ha alcuna responsabilità in tale collusione”».

 

Putin sembra considerare i protocolli segreti una sorta di appendice negativa di un patto altrimenti positivo. Ma tali protocolli erano la sostanza stessa del Patto di non aggressione del 23 agosto 1939 e del Trattato tedesco-sovietico sui confini e l’amicizia del 28 settembre, il motivo per cui Hitler e Stalin avevano potuto mettersi d’accordo: la spartizione della Polonia, la cancellazione del suo Stato, mano libera dei Tedeschi nella metà occidentale della Polonia, dell’Urss nella metà orientale e nei paesi baltici.

Firma del Patto Molotov-Ribbentrop

4. Molotov firma il patto tedesco-sovietico del 28 settembre, alle sue spalle Ribbentrop, alla sinistra di questi Stalin

E non è certo senza significato il fatto che il protocollo segreto del 23 agosto fosse dovuto soprattutto all’iniziativa sovietica (Nolte: 319).

Le ragioni di tale iniziativa vengono chiarite con la brutalità consueta da Stalin stesso in occasione di un abboccamento chiestogli da Georgi Dimitrov, segretario del Comintern, («per prendere una decisione corretta abbiamo bisogno più che mai dell’aiuto immediato e del consiglio del compagno Stalin»). Stalin il 7 settembre 1939 gli accorda un colloquio in presenza di Molotov e Zdanov, dal quale emerge chiaramente che la strategia antifascista e la priorità della lotta contro Hitler sono state abbandonate: la Germania nazista deve essere considerata ormai come un alleato oggettivo della rivoluzione socialista, dato che l’accordo con Hitler consente lo smantellamento del Trattato di Versailles e la cancellazione di Brest-Litovsk con l’aiuto di quella stessa Germania che aveva imposto a Lenin gli umilianti sacrifici territoriali di quel trattato (Furet: 365-367).

Ma, per un giudizio più informato, si riproduce qui appresso il resoconto del colloquio stilato da Dimitrov.

Stalin. «Una guerra è in corso tra due gruppi di paesi capitalisti (poveri e ricchi in termini di colonie, materie prime, ecc.). / Per la divisione del mondo, per governare il mondo! / Non abbiamo nulla contro il fatto che si combattano duramente e si indeboliscano a vicenda. / Non sarebbe male se, grazie alla Germania, la situazione dei paesi capitalisti più ricchi (soprattutto l’Inghilterra) fosse minata. / Hitler, senza capirlo, né volerlo, indebolisce e incrina il sistema capitalista. / […] Possiamo manovrare, accrescere l’ostilità di un paese contro un altro di modo che si combattano con maggiore asprezza. / In una certa misura il Patto di non aggressione aiuta la Germania. / […]

I comunisti dei paesi capitalisti devono prendere definitivamente posizione contro i loro governi, contro la guerra. / Prima della guerra, era assolutamente giusto contrastare il fascismo con i regimi democratici. / Durante una guerra tra potenze imperialiste, non lo è più. / La separazione tra stati capitalisti fascisti e democratici ha perso il significato che aveva. / La guerra porta a un cambiamento radicale. / Il Fronte popolare unito di ieri mirava ad alleviare la situazione degli schiavi nel regime capitalista / Ma nelle condizioni di una guerra imperialista, è l'annientamento della schiavitù che è in questione. / [...]

Lo stato polacco era in precedenza uno stato nazionale. Questo è il motivo per cui i rivoluzionari l’hanno difeso contro la spartizione e la schiavitù. / Oggi è uno stato fascista che opprime ucraini e bielorussi. La distruzione di questo stato nelle condizioni attuali equivarrebbe a uno stato borghese fascista in meno! Cosa ci sarebbe di sbagliato se la distruzione della Polonia ci consentisse di estendere il sistema socialista a nuovi territori e nuove popolazioni?» (Cit. in Le Parti communiste français; si vedano anche Narinski: 13-14; Furet: 363-364; Zaslavsky: 15-16).

Dimitrov. La posizione sovietica – abbandono della strategia antifascista e della lotta contro Hitler, lotta invece contro i governi inglese e francese, la cui difesa della Polonia è solo imperialismo mascherato – viene imposta anche ai partiti comunisti. Il 9 settembre, per conto del Comintern e dunque di Stalin, Dimitrov invia al Partito comunista francese il seguente telegramma: «Guerra attuale [dopo l’invasione della Polonia, il 3 settembre 1939 Gran Bretagna e Francia dichiarano guerra alla Germania] è una guerra imperialista ingiusta provocata da borghesi di tutti i paesi belligeranti. Classe operaia e partiti comunisti non devono sostenere questa guerra. […] Proletariato mondiale non deve difendere Polonia fascista. […] Guerra ha cambiato profondamente situazione: vecchia distinzione tra Stati fascisti e sedicenti democratici ha perduto senso politico. Necessario cambiare tattica. In tutti i paesi belligeranti, nella fase attuale della guerra, comunisti devono dichiararsi contro la guerra, smascherare il suo carattere imperialista, votare contro i crediti militari, dire alle masse che la guerra comporterà miseria e sfruttamento aggravati. […] Partiti comunisti, soprattutto quelli di Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Belgio la cui linea è in contraddizione con la nostra devono al più presto correggere la loro linea» (cit. in Le Parti communiste français).

Molotov. Il significato dell’alleanza nazi-sovietica viene illustrato ufficialmente, con l’aggiunta dell’irrisione, da Molotov, presidente del consiglio dei commissari del popolo e commissario agli esteri, al Soviet supremo dell’Urss il 31 ottobre 1939: «Vale la pena segnalare la disfatta militare della Polonia e la disgregazione dello Stato polacco. Gli ambienti governativi della Polonia hanno non poco decantato la “solidità” del loro Stato e la “potenza” del loro esercito. Ma è bastato che la Polonia ricevesse due brevi colpi, prima dall’esercito tedesco e poi dall’Armata Rossa perché nulla restasse di quest’aborto del Trattato di Versailles che viveva dell’oppressione delle nazionalità non polacche. La “politica tradizionale” polacca del barcamenarsi senza principi tra la Germania e l’Urss ha rivelato le sue carenze e il suo completo fallimento. Ognuno capisce che non è proprio il caso di ripristinare l’antica Polonia. Così pure è senza senso continuare la guerra con il pretesto di ripristinare il vecchio Stato polacco». (Cit. in Le Parti communiste français)

La valutazione positiva di Putin del patto Molotov-Ribbentrop, che ha delle implicazioni politiche attuali, si colloca su una linea di continuità fra taluni aspetti della politica di Stalin e quella dell’attuale presidente russo. Nel 1939 Stalin si alleò con l’estrema destra nazista nella speranza di facilitare uno scontro intereuropeo che avrebbe distrutto sia la Germania che i paesi liberali. Il sostegno di Putin all’estrema destra contemporanea è indirizzato a destabilizzare l’Unione Europea, che avverte come l’alternativa praticabile alle sue soluzioni autoritarie (Snyder, Terra Nera: 410).

Su una linea di continuità, almeno con Krusciov, si colloca anche l’affermazione che i protocolli segreti siano manifestazione solo di un “potere personale”: Putin, come Krusciov, per il quale i soli responsabili delle “illegalità” nel sistema socialista erano Stalin e Berija, non vuole in alcun modo collegare le decisioni di Stalin al sistema di governo totalitario e dittatoriale dell’Unione Sovietica, instauratosi fin dalle origini dell’Urss.

4. L’invasione sovietica della Polonia ha evitato che milioni di persone di diverse nazionalità cadessero nelle mani dei Nazisti e che fossero uccisi con la complicità dei nazionalisti locali

Putin: «It was only when it became absolutely clear that Great Britain and France were not going to help their ally and the Wehrmacht could swiftly occupy entire Poland and thus appear on the approaches to Minsk that the Soviet Union decided to send in, on the morning of 17 September, Red Army units into the so-called Eastern Borderlines, which nowadays form part of the territories of Belarus, Ukraine and Lithuania. Obviously, there was no alternative. Otherwise, the USSR would face seriously increased risks because – I will say this again – the old Soviet-Polish border ran only within a few tens of kilometers of Minsk. The country would have to enter the inevitable war with the Nazis from very disadvantageous strategic positions, while millions of people of different nationalities, including the Jews living near Brest and Grodno, Przemyśl, Lvov and Wilno, would be left to die at the hands of the Nazis and their local accomplices – anti-Semites and radical nationalists».

Putin: «Fu solo quando divenne del tutto chiaro che Gran Bretagna e Francia non avrebbero aiutato il loro alleato [la Cecoslovacchia] e che la Wehrmacht poteva occupare l’intera Polonia e avvicinarsi quindi a Minsk, che l’Unione Sovietica decise di inviare, la mattina del 17 settembre, unità dell’Armata Rossa ai cosiddetti confini orientali, che oggi fanno parte della Bielorussia, dell’Ucraina e della Lituania». Ovviamente, non c’era alternativa. Diversamente, l’Urss avrebbe dovuto affrontare molti più rischi perché – lo ripeto ancora – i vecchi confini sovietico-polacchi corrono solo a qualche diecina di chilometri da Minsk. Il paese avrebbe dovuto affrontare la guerra inevitabile con i Nazisti da una posizione strategicamente indifendibile, mentre milioni di persone di diverse nazionalità, inclusi gli Ebrei che vivevano vicino a Brest, Grodno, Przemyśl, Lvov e Wilno sarebbero stati lasciati morire per mano dei Nazisti e dei loro complici locali, antisemiti e nazionalisti radicali».

 

Putin sembra dimenticare che è stato proprio il patto Molotov-Ribbentrop a rendere possibile l’invasione tedesca del 1° settembre e a consegnare ai Nazisti territori pari 189.000 kmq, quasi metà della Polonia, con 22 milioni di Polacchi e oltre due milioni di Ebrei (Snyder, Terre di sangue: 164-165; Paolo Morawski, Atlante politico della Polonia); in particolare, l’accordo siglato il 28 settembre 1939 aveva spostato nella zona controllata dai Nazisti Varsavia, la più importante città ebrea dell’Europa: 359.827 Ebrei su un totale di 1.306.950 abitanti della capitale. Nei territori polacchi invasi i Tedeschi posero subito mano alla distruzione dello Stato polacco, all’uccisione – affidata alle Einsatzgruppen – delle élites politiche e intellettuali, alla spoliazione degli Ebrei e alla loro deportazione nei ghetti.

«Le regioni coperte dal protocollo segreto dell’accordo sovietico-tedesco erano il cuore dell’ebraismo internazionale. Gli Ebrei vivevano lì da cinquecento anni e quei territori stavano per diventare il posto più pericoloso di tutta la loro storia. Venti mesi dopo, lì sarebbe iniziato l’Olocausto. Nel giro di tre anni, quasi tutti gli Ebrei che vivevano laggiù sarebbero morti». (Snyder, Terra Nera: 138)

La stampa e la propaganda sovietiche per tutto il 1940 continuarono a presentare la Germania come un “potenza pacifica” opposta ai “guerrafondai” francesi e inglesi, evitando, inoltre, di fare parola delle violenze naziste contro gli Ebrei (Snyder, Terre di sangue: 391; Werth: 355).

Sovietici e Nazisti, inoltre, in uno dei protocolli, si impegnavano a reprimere nei territori polacchi da loro controllati ogni resistenza antitedesca e antisovietica: «entrambe le parti contraenti non tollereranno nei propri territori alcuna agitazione polacca che possa avere ripercussioni nei territori dell’altra parte contraente. Esse reprimeranno sul nascere tali agitazioni e concorderanno le misure più adeguate da adottare in simili circostanze».

L’invasione, il 17 settembre, e poi l’occupazione della Polonia orientale – circa 200.000 kmq, 13,7 milioni di abitanti, di cui il 38% polacchi (Paolo Morawski, Atlante politico della Polonia) – da parte dei Sovietici sarebbero state altrettanto devastanti dell’occupazione nazista della Polonia occidentale; tant’è che tra il 1939 e il 1941 molti Polacchi, anche Ebrei, cercarono scampo nei territori occupati dai Tedeschi (Paolo Morawski, Atlante politico della Polonia). Insieme con l’Armata Rossa arrivò in forze l’NKVD, che in Urss aveva acquisito un’esperienza di violenza politica a quel tempo sconosciuta ai Nazisti. Durante il Grande Terrore del 1937-38 oltre seicentomila cittadini sovietici erano stati arrestati, fucilati e sepolti in fosse comuni, molti di più dei polacchi uccisi dalle Einsatzgruppen dopo l’invasione del 1939 (Snyder, Terra nera: 157).

All’inizio dell’invasione la distruzione dello Stato polacco ad opera dei Nazisti e dei Sovietici aveva generato una situazione caotica. I soldati dell’Armata Rossa picchiavano gli uomini fino a ucciderli per strappare loro i denti d’oro e stupravano le donne confidando nel fatto che tali violenze sarebbero state viste come “divertimenti di ragazzi”; i comunisti locali derubavano e uccidevano i polacchi, in particolare funzionari e proprietari terrieri, senza dimenticare i vicini, rapinati durante pretestuose perquisizioni alla ricerca di armi (Snyder, Terra Nera: 159, 168).

In seguito, l’NKVD impose un ordine basato sulla violenza istituzionale e dall’alto. Il 5 dicembre 1939 fu organizzata la prima ondata di deportazioni. Nel febbraio successivo 139.794 persone vennero stipate su treni diretti ai gulag del Kazakistan sovietico. Molti Ebrei polacchi, accusati di capitalismo, furono deportati in aprile. Nei mesi successivi all’invasione sovietica furono deportati nei gulag 292.513 cittadini polacchi, ai quali sono da aggiungere altri 200.000 circa arrestati nel corso di operazioni diverse. Il complesso dei deportati era costituito per il 60% da Polacchi, il 20% da Ebrei, il 10% da Ucraini, l’8% da Bielorussi (Snyder, Terra Nera: 160). Ma dei 78.339 deportati nel giugno del 1940 circa l’84% era ebreo (Snyder, Terre di sangue: 175).

Katyn e l’assassinio degli ufficiali polacchi. Obbiettivo dei Sovietici come dei Nazisti era la cancellazione dello Stato polacco e della sua classe dirigente; Hitler era stato chiaro: «solo una nazione in cui i livelli più alti sono distrutti può esser sospinta nei ranghi della schiavitù» (Snyder, Terre di sangue: 159). I Sovietici non la pensavano diversamente; per questo presero di mira, in particolare, gli ufficiali: perché costituivano il gruppo di comando dell’esercito polacco, perché alcuni avevano partecipato alle guerre russo-polacche, perché provenivano dalle classi colte, che dovevano essere sterminate per bloccare ogni tentativo di resistenza e di ricostituzione dello Stato.

Gli ufficiali catturati, 15.000 circa, vennero trasferiti in tre campi (Kozelk, Starobelsk e Ostaškov) dove furono indagati e interrogati a uno a uno, per essere quindi sottoposti ad una martellante propaganda quotidiana su temi come La vita e le opere di Stalin, L’Urss, il paese più democratico del mondo, Il benessere materiale e culturale dei lavoratori dell’Urss, accompagnati dall’ascolto di Radio Mosca che trasmetteva tutti i giorni ininterrottamente dalle 5 di mattina alle 24 (Zaslavsky: 30). L’obbiettivo era quello di fiaccare la resistenza fisica e morale dei prigionieri e di reclutare collaboratori e spie. Ma dopo diversi mesi di questo trattamento la stragrande maggioranza degli ufficiali polacchi non aveva ceduto e conservava sentimenti patriottici, orientamenti politici, valori etici e religiosi.

Berija, commissario del popolo per gli Affari Interni dell’Urss, il 5 marzo 1940 informava Stalin che l’NKVD era riuscito a reclutare solo 24 ufficiali, per cui suggeriva di «esaminare i casi secondo una procedura speciale, applicando nei confronti dei detenuti la più alta misura punitiva: la fucilazione. Condurre l’indagine relativa ai singoli senza mandare i detenuti a processo, senza elevare a loro carico capi di imputazione, senza documentare la chiusura dell’istruttoria e senza formulare accuse. Affidare l’esame dei casi e la decisione a una trojka costituita dai compagni Merkulov, Kobulov, Bastakov» (cit. in Zaslavsky: 39).

Lo stesso 5 marzo le proposte di Berija e dell’Nkvd – fucilare i prigionieri polacchi senza istruire un processo, senza formulare accuse, senza documentare la chiusura dell’istruttoria – fu approvata nella sua integralità dai cinque membri del Politburo presenti: Stalin, Molotov, Berija, Vorošilov, Mikojan; fu approvata anche da Kaganovič e Kalinin, assenti ma raggiunti per telefono (Zaslavsky: 39-40).

Il 2 marzo, tre giorni prima della lettera di Berija e della decisione del Politburo, questo aveva approvato la proposta di Berija e Nikita Krusciov, primo segretario del Partito comunista ucraino, «di effettuare la deportazione nella regione sovietica del Kazakistan per un periodo di 10 anni di tutte le famiglie di prigionieri di guerra che si trovano nei campi per ex ufficiali dell’esercito polacco, agenti di polizia, guardie carcerarie, gendarmi, agenti segreti, ex proprietari terrieri, imprenditori e alti funzionari dell’ex apparato statale polacco, per un totale di 22-25 mila famiglie» (cit. in Zaslavsky: 35).

I “volonterosi carnefici” di Stalin. Nell’aprile-maggio del 1940, 21.857 ufficiali polacchi e altri cit­tadini della stessa nazionalità furono uccisi dagli uomini dell’NKVD nella foresta di Katyn e in altri campi e prigioni dell’Ucraina e della Bielorussia. Le esecuzioni furono portate a termine da 40 agenti dell’NKVD, che Berija, con ordine del 26 ottobre 1940, ricompensò con un mese di salario in più.

Fabio Bettanin, nel tracciare un essenziale quadro d’insieme dei “volonterosi carnefici” di Stalin (Il lungo terrore: 40-49), non nasconde le difficoltà di tale compito di ricostruzione: «Ancor oggi [1999] i loro nomi filtrano con difficoltà in saggi dove pure si descrivono nei dettagli i crimini dello stalinismo. Per mancanza di documentazione, poiché è probabile che le liste con i loro nomi siano state le prime ad essere distrutte e anche per la scelta di non organizzare una “Norimberga sovietica”».

Non sono in grado di documentare l’eventuale avanzamento negli ultimi venti anni della ricerca sui carnefici sovietici, ma sicuramente non c’è stata alcuna Norimberga che abbia giudicato la catena di comando e di esecuzione – Stalin, Molotov, Berija, Vorošilov, Mikojan, Kaganovič e Kalinin, fino agli esecutori materiali – che ha la responsabilità del massacro degli ufficiali polacchi a Katyn e negli altri luoghi di morte.

I 40 boia dell'NKVD

5. I 40 boia dell'NKVD – 38 uomini e due donne – che assassinarono gli ufficiali polacchi a Katyn e negli altri campi
(Fotogramma del documentario Les bourreaux de Staline - Katyn, 1940)

Il 13 aprile 1943 la stampa tedesca diffuse la notizia che in un bosco vicino a Katyn erano state scoperte delle fosse contenenti i cadaveri di migliaia di ufficiali polacchi, fucilati dai sovietici secondo Berlino. I Sovietici attribuirono la notizia alla propaganda tedesca, ma il governo nazista istituì una Commissione medica internazionale d’inchiesta della quale facevano parte rappresentanti di dodici paesi alleati o occupati dai Tedeschi; la commissione, presieduta da un professore di medicina legale dell'Università di Ginevra, concluse che l’eccidio risaliva alla primavera del 1940, ciò che accusava i Sovietici. Alla stessa conclusione arrivò anche una Commissione della Croce Rossa polacca.

Una Commissione composta di soli cittadini sovietici rigettò invece sui Tedeschi la responsabilità del massacro degli ufficiali polacchi, che sarebbe stato condotto a termine nell'agosto-settembre 1941. Americani e Britannici, che ritenevano il contributo dei Sovietici indispensabile per la vittoria contro Hitler, si schierarono con Stalin e a guerra conclusa Churchill scrisse che «i governi vittoriosi decisero che era meglio non affrontare il problema e il crimine di Katyn non fu mai indagato in profondità» (cit. in Zaslavsky: 73).

La verità fu messa nero su bianco in una lettera “segretissima” inviata il 3 marzo 1959 dal capo del Kgb, Aleksandr Šelepin, a Krusciov: «Secondo le disposizioni della speciale trojka dell’Nkvd dell'Urss furono fucilati 21.857 uomini, di cui: nel bosco di Katyn (provincia di Smolensk) 4.421 uomini, nel campo di Starobelsk vicino Charkov 3.820 uomini, nel campo di Ostaškov (provincia di Kalinin) 6.311 uomini, mentre 7.305 uomini furono fucilati negli altri campi e nelle prigioni dell'Ucraina occidentale e della Bielorussia occidentale. L’intera operazione per l’eliminazione delle persone suddette è stata condotta sulla base della Delibera del CC del Pcus del 5 marzo 1940» (Cit. in Zaslavsky: 79-80).

Una verità che i Sovietici ufficialmente negarono sempre con spudorata veemenza, fino al 13 ottobre 1990, quando Gorbaciov (che pure fino all’ultimo si rifiutò di far pubblicare i documenti segreti su Katyn) riconobbe la colpa del suo paese nell’eccidio di Katyn e porse le scuse al popolo polacco (Zaslavsky: 108).

(Da vedere il notevole Les bourreaux de Staline - Katyn, 1940, documentario della Tv culturale franco-tedesca ARTE).

Esame dei cadaveri di Katyn

6. Il professor Vincenzo Palmieri, membro della Commissione medica internazionale, detta i risultati dell’esame di un cadavere del massacro di Katyn

5. I paesi baltici sono diventati sovietici con il consenso dei loro governi e cittadini

Putin: «In autumn 1939, the Soviet Union, pursuing its strategic military and defensive goals, started the process of the incorporation of Latvia, Lithuania and Estonia. Their accession to the USSR was implemented on a contractual basis, with the consent of the elected authorities. This was in line with international and state law of that time. Besides, in October 1939, the city of Vilna and the surrounding area, which had previously been part of Poland, were returned to Lithuania. The Baltic republics within the USSR preserved their government bodies, language, and had representation in the higher state structures of the Soviet Union». Putin: «Nell’autunno 1939, l’Unione Sovietica, perseguendo i suoi obbiettivi militari di difesa, iniziò il processo di incorporazione di Lettonia, Lituania ed Estonia. La loro adesione all’Urss si realizzò su basi contrattuali, con il consenso delle autorità elette. Ciò che era in linea con la legislazione internazionale e statale del tempo. Inoltre, la città di Vilna e le aree adiacenti, che avevano fatto parte della Polonia erano ritornate alla Lituania. Le repubbliche baltiche con l’Urss conservarono i loro governi, lingue e rappresentanze nelle più alte strutture dell’Unione Sovietica».

 

Altra affermazione che ignora platealmente ciò che effettivamente accadde nei paesi baltici. Il patto Molotov-Ribbentrop collocava l’area baltica nell’ambito degli interessi sovietici. Il 24 settembre 1940, con il pretesto della fuga di un sottomarino polacco dal porto di Tallin, Mosca inviò un ultimatum all’Estonia che imponeva un trattato di mutua assistenza e basi militari nel paese. L’Estonia non aveva alternative e i Sovietici stabilirono basi navali e militari in due isole estoni. L’accordo forzato venne firmato il 28 settembre. Accordi analoghi, accompagnati da minacce e ricatti, vennero firmati il 5 ottobre dalla Lettonia e il 10 dalla Lituania. I tre paesi vennero occupati e presidiati con l’invio di 25.000 soldati in Estonia, 30.000 in Lettonia e 20.000 in Lituania. Altri 435.000 soldati erano pronti all’intervento contro eventuali resistenze. La Finlandia rifiutò richieste analoghe e Mosca le mosse guerra, ma i Finlandesi riuscirono a resistere all’attacco e pur con la perdita di alcuni territori conservarono la sovranità e lo Stato.

Forti della loro supremazia militare, i Sovietici imposero la sostituzione dei governi legittimi con governi fantoccio controllati dai comunisti. I commissari politici sovietici (Dekanozov in Lituania, Vyšinskij in Lettonia, Ždanov in Estonia), sostenuti dall’Armata Rossa, avrebbero guidato il processo di sovietizzazione dei tre paesi baltici (Werth: 354-355).

Vennero organizzate elezioni alla sovietica, alle quali potevano presentarsi solo i comunisti locali e i candidati fedeli a Mosca; in Lituania, il Blocco del Popolo Lituano, guidato dai comunisti, annunciò di aver vinto le elezioni con il 95% dei voti. I parlamenti così fabbricati chiesero che i tre paesi venissero annessi all’Urss, che così poté contare su altre tre repubbliche satelliti.

Carro armato sovietico a Kaunas

7. Carro armato sovietico a Kaunas durante la prima occupazione della Lituania nel 1940

Seguirono violente misure repressive e la deportazione nei gulag dell’Urss di circa 130.000 cittadini. In Lituania, tra giugno 1940 e giugno 1941, l’NKVD deportò in Siberia e Kazakistan tra 20 e 30 mila Lituani, Polacchi, Ebrei. Il primo ministro Antanas Merkys e il ministro degli esteri Juozas Urbšys furono deportati nel luglio 1940 (Snyder, The Reconstruction of Nations: 83). In Estonia i Sovietici distrussero l’élite politica e i vertici amministrativi; il presidente Konstantin Päts fu arrestato, deportato e internato in un ospedale psichiatrico. Degli undici membri dell’ultimo governo estone, dieci furono incarcerati e nove di questi uccisi (quattro giustiziati, cinque morti nei campi di lavoro sovietici). Il 14 giugno 1941 l’NKVD deportò 10.200 estoni, l’1% della popolazione complessiva, tra cui 450 ebrei, il 10% della minoranza ebraica. Alcuni giorni dopo, mentre le truppe tedesche si avvicinavano, i Sovietici fucilarono i prigionieri estoni e ne abbandonarono i cadaveri nelle carceri (Snyder, Terra Nera: 268-69).

A guerra finita riprese la politica terroristica. Si è più su ricordato che alla conferenza di Teheran Americani e Britannici accordarono a Stalin la riannessione di Lituania, Lettonia, Estonia in quanto «conforme alla volontà delle popolazioni». Ebbene, nel biennio 1949-50 i Baltici si mostrarono così entusiasti che i Sovietici dovettero “promuovere” la collettivizzazione forzata con la deportazione di circa 400.000 Lituani, 150.000 lettoni, 50.000 Estoni (Werth: 408).

Ecco la base contrattuale e il consenso che portarono due volte all’annessione degli Stati baltici e alla loro trasformazione terroristica in repubbliche sovietiche.

 

NB: Il neretto è sempre dell’autore dell’articolo.

Bibliografia

Vladimir Putin, The Real Lessons of the 75th Anniversary of World War II

Vladimir Putin al summit informale della Comunità degli Stati Indipendenti

 

Timothy Snyder, The reconstruction of Nations. Poland, Ukraine, Lithuania, Belarus, 1559-1999, Yale University Press, New Haven & London 2003.

Timothy Snyder, Nazis, Soviets, Poles, Jews, «The New York Review of Books», December 3, 2009.

Timothy Snyder, Echoes from the killing fields of the east , «The Guardian», Tue 28 Sep 2010.

Timothy Snyder, The fatal fact of the Nazi-Soviet pact , «The Guardian», Tue 5 Oct 2010.

Timothy Snyder, Terre di sangue. L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin, Rizzoli, Milano 2011.

Timothy Snyder, Terra nera, l’Olocausto fra storia e presente, Rizzoli, Milano 2015.

 

Fabio Bettanin, Il lungo terrore. Politica e repressioni in Urss 1917-1953, Editori riuniti, Roma 1999.

Sławomir Dębski, Putin’s Stalinist history, «NFP-Notes from Poland».

François Furet, Il passato di un’illusione. l'idea comunista nel XX secolo, Mondadori, Milano 1995.

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Paolo Morawski, Atlante politico della Polonia. La storia divora la geografia, in «Limes», 1/2014.

Mikhail Narinski, Le Komintern et le Parti communiste français 1939-1942, «Communisme» 32-33-34, 1992-93.

Ernst Nolte, La guerra civile europea 1917-1945. Nazionalsocialismo e bolscevismo, BUR, Milano 2008.

Le Parti Communiste Français 1939-1941

Sergey Radchenko, Vladimir Putin Wants to Rewrite the History of World War II

David Wedgewood Benn, Russian historians defend the Molotov-Ribbentrop Pact, in «International Affairs (Royal Institute of International Affairs 1944-)», Vol. 87, No. 3 (May 2011), pp. 709-715. Reperibile in rete su «JSTOR».

Victor Zaslavsky, Pulizia di classe. Il massacro di Katyn, il Mulino, Bologna 2006.

Fonti delle immagini

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