di Vincenzo Medde

«Lo Statuto speciale, che dà vita alla Regione autonoma sarda, fu approvato dall’Assemblea costituente in una delle ultime febbrili sedute del gennaio 1948, dopo un rapido esame degli articoli e senza quella discussione generale che precede normalmente l’esame e l’approvazione di un disegno di legge. […]
Così la Sardegna ottenne, quasi senza dissensi, l’autonomia regionale cui aspirava da quasi un secolo. Eppure, proprio in quei giorni, per singolare coincidenza, ricorreva il centenario dei moti popolari di Cagliari e di tutta l’Isola che portarono appunto, tra il novembre del 1847 e i primi mesi del ’48, alla soppressione degli antichi istituti autonomistici e alla totale unificazione della Sardegna con gli Stati Piemontesi e quindi con la nascente nazione italiana». Renzo Laconi

Qui appresso una sintetica ricostruzione cronologica delle fasi che portarono alla conquista dello Statuto della Sardegna autonoma.

1943-1944 La situazione in Sardegna. «L’Isola da oltre un anno è isolata. I nostri prodotti di esportazione, come il sale, la lana, le pelli, il sughero, giacciono da anni nei magazzini di ammasso dove si vanno ammuffendo e imputridendo perché non esiste nessun mezzo per poterli trasportare nel Continente.
Ma come non si possono esportare le merci prodotte nell’Isola, così non si sono potuti né si possono importare quei generi di prima necessità indispensabili non solo alla vita delle industrie isolane e delle colture granarie, ma anche alla stessa vita dell’individuo.
In Sardegna, nel passato anno, non è arrivato un metro di tessuto, non un chilogrammo di conciato, di concime, di chiodi ecc. La produzione vinicola quest’anno è stata un terzo della produzione normale.
Così, ora, in Sardegna non esistono scarpe, non esistono abiti, non esiste biancheria, non esistono spago, filo, chiodi, sapone a nessun prezzo. Il popolo, e non solo il popolo, è nudo e scalzo: circa un quarto dei carabinieri di Sardegna non può uscire dalle caserme perché senza scarpe; i minatori scendono nelle miniere a piedi nudi e i salinatori lavorano nelle saline con i piedi sanguinolenti e doloranti; gli agricoltori si rifiutano di andare in campagna se non viene loro promesso un po’ di suola. Gran parte della popolazione è ridotta a vivere della sola razione di pane e di pasta concessa dal Governo».

(Testo, rimaneggiato, tratto dalla relazione presentata dal gen. Pinna al Consiglio dei Ministri alla fine del 1944, in Cardia 1989).

1943 Nel 1943 la Sardegna, isolata dal resto della penisola, viene dichiarata «zona operativa» ed i poteri civili vengono esercitati dal Comando delle Forze armate della Sardegna.
Il 23 marzo viene istituito un Commissariato per gli affari civili che, posto alle dipendenze del Comando militare, ha il compito di curare il collegamento tra il comando stesso e le autorità civili.
Il 2 settembre cessano le funzioni del commissario civile perché al comandante delle Forze armate della Sardegna, generale Antonio Basso, vengono conferiti anche i poteri civili e, dopo l’armistizio, la completa responsabilità del governo dell’Isola.
Il 23 ottobre il generale Giovanni Magli sostituisce il generale Basso al comando militare in Sardegna.
25 luglio 1943 ITALIA. A seguito dell’andamento disastroso della guerra, dello sbarco degli Alleati in Sicilia e della crisi del consenso interno, Vittorio Emanuele III fa arrestare Mussolini e incarica Pietro Badoglio di formare un nuovo governo. Badoglio proclama di voler continuare la guerra a fianco dei Tedeschi, ma intanto avvia trattative segrete con gli Alleati che daranno luogo ad un armistizio che verrà annunciato agli Italiani l’8 settembre.
27 gennaio 1944 Sollecitato dagli Alleati, Il Governo italiano istituisce un Alto commissariato per la Sardegna, a dirigere il quale viene nominato il generale Pietro Pinna (1891-1966). Il capo del governo Badoglio così ne chiarisce le funzioni. «Il nuovo organo deve attuare […] un opportuno decentramento che renda più spedita e più consona alle esigenze locali la riorganizzazione su basi adeguate alla attività amministrativa, restaurando la finanza e l’assistenza pubblica, riattivando i traffici e le industrie, ponendo, per quanto è possibile, pronto riparo ai danni sofferti dagli abitati e dalle fonti stesse di produzione a causa della guerra. A tal fine vengono conferiti all’Alto commissario ampi poteri civili e militari, i quali, peraltro, debbono intendersi esercitati per delega del governo centrale, nel cui nome l’Alto commissario stesso sovraintende e dirige, nel territorio dell’Isola, tutte le amministrazioni statali, civili e militari».
13 febbraio 1944 I comitati di liberazione provinciali presentano all’Alto commissario la proposta di una Giunta consultiva regionale, in attesa della possibilità di eleggere un Consiglio regionale.
16 marzo 1944 Viene istituita una Giunta consultiva di sei membri nominati dal capo del governo con il compito di assistere l’Alto commissario. Nominata il 22 settembre, si riunì dieci volte dal 30 settembre 1944 al 30 marzo 1945 a Cagliari, Sassari e Macomer.
22 aprile 1944 ITALIA. Badoglio forma un governo di unità nazionale del quale fanno parte ministri cattolici, comunisti, socialisti, liberali.
28 dicembre 1944
agosto 1945
La prima Consulta. Il 28.12.1944 viene istituita una Consulta regionale di diciotto membri scelti fra i rappresentanti delle organizzazioni politiche, economiche, sindacali, culturali e nominati dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dell’Alto commissario. I componenti vengono nominati il 9 aprile 1945 così distribuiti per appartenenza politica: tre alla Dc, al Pci, al Psiup, al Psd’A; uno al Pri, alla Democrazia del Lavoro, e agli indipendenti. Fanno parte della Consulta anche sei esperti. La Consulta, insediatasi il 29 aprile, si riunisce per la prima volta il 10 agosto. Il 10 agosto 1945 il numero dei componenti passa a ventiquattro. La Consulta non si riunisce più fino al 26 aprile 1946 quando ha luogo la seconda riunione.
La Consulta, organo consultivo dell’Alto commissariato, è chiamata a
  • proporre e definire concretamente piani finanziari per il riassetto agricolo e fondiario, per la ricostruzione industriale e per la ripresa mineraria,
  • avanzare le proposte per l’elaborazione dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna nell’ambito dell’unità nazionale.
Di fatto, fin dal suo insediamento, anche per volontà esplicita dell’Alto commissario Pinna, la Consulta si caratterizza quale organismo di indirizzo politico con poteri, nella pratica, deliberativi e non meramente consultivi. (Cardia 1987, pp. 151-152)
10 gennaio 1946 Sul giornale del Psd’A, «Il Solco», viene pubblicato il primo progetto di Statuto, sintesi di due altri elaborati da Gonario Pinna e Luigi Oggiano. Il progetto delineava una regione autonoma con potestà legislativa ed esecutiva nell’ambito di una repubblica federale italiana.
7 aprile 1946 Sul giornale della Democrazia Cristiana, «Corriere di Sardegna» viene pubblicato uno schema di statuto redatto da Venturino Castaldi che respinge la soluzione federalista difesa dai sardisti.
marzo-aprile 1946 Elezioni amministrative: si vota in 303 comuni su 308. I democristiani conquistano oltre 100 comuni (tra i quali Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano, Alghero), i sardisti 70, i comunisti oltre 50.
primi di maggio 1946 Mario Berlinguer, del Partito d’Azione, chiede al Presidente del Consiglio che il problema dell’autonomia sarda venga risolto simultaneamente a quello dell’autonomia siciliana. La richiesta non raccoglie però il consenso e il supporto delle altre forze sarde, per cui De Gasperi può rispondere che la Consulta nazionale era stata sollecitata da quella siciliana che aveva già elaborato un proprio progetto di statuto, mentre nessuna iniziativa in tal senso era stata presa dalla Consulta sarda. (Spanu Satta, p. 306)
7-9 maggio 1946 Emilio Lussu e gli azionisti sardi nella Consulta nazionale (25 settembre 1945-2 giugno 1946) propongono di estendere alla Sardegna, con gli opportuni adattamenti, il progetto di statuto per la Sicilia. La proposta, approvata dalle Commissioni competenti della Consulta nazionale, viene invece bocciata dalla Consulta regionale sarda (19 voti e 1 astenuto), che rivendica la competenza primaria nella redazione dello statuto sardo. La Consulta sarda però non spiega all’opinione pubblica regionale e nazionale come mai non aveva proposto un proprio autonomo progetto di statuto.
Secondo Spanu Satta la decisione con la quale si pretese che lo Statuto regionale siciliano non venisse esteso all’Isola fu determinata dal timore di certi ambienti che l’autonomia, come la Repubblica, rappresentasse un salto nel buio. (Spanu Satta, p. 321)
2 giugno 1946 Referendum istituzionale: in Sardegna votano per la monarchia 321.345 elettori (60,9%), per la repubblica 206.192 (39,1%). Le elezioni per l’Assemblea Costituente danno i seguenti risultati: Dc 41,1%; Psd’A 14,9; Pci 12,5; Uq 12,4; Psiup 8,9; Udn 6,3. Tra gli eletti i sardisti Emilio Lussu e Pietro Mastino, i democristiani Antonio Segni e Salvatore Mannironi, i comunisti Velio Spano e Renzo Laconi.
10 giugno 1946 Sulla «Gazzetta Ufficiale» viene pubblicato lo Statuto siciliano che era stato recepito senza modifiche nella versione elaborata dalla Consulta siciliana, la quale, istituita contemporaneamente a quella sarda, ne aveva completato la redazione entro il 1945.
8 ottobre 1946
17 novembre 1946
La seconda Consulta. Dopo le votazioni per l’Assemblea Costituente del 2 giugno 1946, il generale Pinna (con l’accordo dei consultori) chiede al governo la ricostituzione della Consulta sulla base del principio della rappresentanza proporzionale. Il Consiglio dei Ministri, sulla base di tale principio, su proposta del generale Pinna, nomina la nuova Consulta regionale che risulta così composta: dieci seggi per la Dc, quattro per il Psd’A, tre per il Pci, tre per l’Uq, due per il Psi e due per l’Udn. La seconda Consulta si insedia il 17 novembre 1946.
15 ottobre 1946 Emilio Lussu e Renzo Laconi, preso atto della mancanza di un progetto di Statuto per la Sardegna, propongono di incaricare della relativa redazione il Gruppo parlamentare sardo. La proposta viene respinta dalla Commissione per la Costituzione dell’Assemblea Costituente.
20 aprile 1947 Viene eletta l’Assemblea regionale siciliana prevista dallo statuto speciale.
aprile-maggio 1947 Le discussioni nella Consulta regionale sarda approdano il 29 aprile a un progetto definitivo di Statuto, che viene trasmesso il 9 maggio al presidente del Consiglio e da questi al presidente dell’Assemblea Costituente il 22 maggio.
31 maggio 1947 ITALIA. Alcide De Gasperi forma un nuovo governo del quale non fanno più parte comunisti e socialisti; è la fine dei governi di unità nazionale e della collaborazione tra i partiti antifascisti.
settembre 1947 La Sottocommissione per il coordinamento degli statuti regionali respinge la proposta di Lussu, Laconi, Targetti di accettare in blocco il progetto sardo di statuto.
ottobre 1947 Il Psd’A propone alla Consulta sarda di dimettersi in segno di protesta per il trattamento riservato alla Sardegna. La proposta viene respinta.
22 dicembre 1947 ITALIA. Viene approvata la Costituzione.
28-31 gennaio 1948 Il progetto di legge costituzionale relativo allo Statuto Speciale per la Sardegna viene discusso dall’Assemblea costituente il 28 e il 29 gennaio 1948 e votato a scrutinio segreto la sera del 31 gennaio, presenti 363 deputati su 556. Votano a favore 280, 81 contro, due astenuti. Lo Statuto regionale sardo viene promulgato con la “Legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3”, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948.
Dall’agosto del 1945, quando la Consulta, organo di elaborazione dello statuto, si riunisce per la prima volta, al gennaio 1948, trascorrono poco meno di trenta mesi. Troppi, secondo alcuni, durante i quali i contenuti e gli strumenti dell’autonomia sarda perdono progressivamente estensione e consistenza. Sono stati individuati tre ordini di motivi all’origine di tale ritardo e del conseguente depotenziamento degli istituti autonomistici:
  1. L’impreparazione politica e istituzionale della classe dirigente sarda e la sua «incapacità di chiedere l’autonomia ponendosi in posizione preliminare di autonomia». (Cardia 1998, p. 745)
  2. La scarsa consapevolezza della classe dirigente sarda che la specificità della Sardegna non era un semplice riflesso dell’arretratezza economica, ma si radicava nel suo patrimonio, storico, antropologico, culturale, linguistico. Lo statuto doveva essere il riconoscimento e la valorizzazione di questo patrimonio e non un semplice strumento per superare un dislivello di sviluppo. (Carta, p. 46)
  3. Un’opinione pubblica concentrata sui problemi di un’esistenza quotidiana precaria segnata dalla disoccupazione, dal carovita, dall’inflazione, dai redditi insufficienti, e quindi poco interessata ai problemi istituzionali legati all’autonomia regionale.
  4. Il progressivo mutamento del clima politico nel 1946-47 e la fine della collaborazione di governo tra i partiti antifascisti che comportarono una crescente opposizione nell’Assemblea Costituente alla concessione di poteri autonomistici.
18 aprile 1948 ITALIA. Elezione del primo parlamento repubblicano. In Sardegna la Dc ottiene il 51,2% dei voti; comunisti e socialisti uniti nel Fronte democratico popolare il 20,3%; il Psd’A il 10,2%.
14 giugno 1948 La terza Consulta. A seguito delle elezioni viene rinnovata la Consulta, è la terza. Si riunirà sei volte.
8-9 maggio 1949 Elezioni del primo Consiglio regionale della Sardegna. Vota l’85% degli elettori. La Dc ottiene il 34% dei voti; il Pci 19,4%; il Psi 6%; il Psd’A 10,4; il Pnm 11,6%; il Msi 6,1%. Dei sessanta seggi del Consiglio regionale 22 sono attribuiti alla Dc, 13 al Pci, 7 al Psd’a, 7 al Pnm, 3 al Psi, 3 al Psd’As, 3 al Msi, 1 al Psli, 1 al Pli.
28 maggio 1949 Nella sala del Consiglio comunale di Cagliari si insedia il primo Consiglio regionale della Sardegna.
31 maggio 1949 Viene eletto il primo presidente della Regione, il democristiano Luigi Crespellani.
25 giugno 1949 La I Giunta, votata il 25 giugno 1949, risulta composta da 5 democristiani: Efisio Corrias (Finanze); Giuseppe Brotzu (Igiene, Sanità e Pubblica istruzione); Salvatore Stara (Interni); Giuseppe Murgia (Lavori pubblici); Francesco Deriu (Lavoro); e da 3 sardisti: Giangiorgio Casu (Agricoltura e foreste); Piero Soggiu (Industria e Commercio); Alberto Mario Stangoni (Trasporti e comunicazioni).

Bibliografia

Mariarosa Cardia, Processi storici e istituzione regionale: dallo Statuto al Piano di rinascita (1943-1962), in Storia dei Sardi e della Sardegna, Vol. IV, Jaca Book, Milano 1989, pp. 457-495.

Mariarosa Cardia, La conquista dell’autonomia (1943-49), in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Sardegna, a cura di L. Berlinguer e A. Mattone, Einaudi, Torino 1998, pp. 715-774.

Mariarosa Cardia, Un “servitore dello Stato”: l’Alto commissario Pinna (1944-1949), in Elite politiche nella Sardegna contemporanea, a cura di G.G. Ortu, Franco Angeli, Milano 1987.

Francesco Spanu Satta, Il Dio seduto. Storia e cronaca della Sardegna 1942-1946, Chiarella, Sassari 1978.

Adriana Carta, La nascita dello Statuto sardo: storia del depotenziamento di un’autonomia, in «Studi economico-giuridici», vol. XLIX 1978-1979, Giuffrè, Milano 1980.

Alessandra Argiolas - Carla Ferrante, L’autonomia e la rinascita della Sardegna nelle carte dell’Archivio di Stato di Cagliari, in «Rassegna degli Archivi di Stato», LXII (2002), 1-2-3, pp. 277-292.