di Vincenzo Medde

Copertina del libro Seminario sull'identità

Immagine n. 1

Pubblicità della Regione Sardegna

Immagine n. 2

La sociologa Anna Oppo intervenendo nel 2005 in un seminario sull’identità della Sardegna si chiedeva: «Esiste un’identità culturale dei sardi? E se esiste dove la si deve cercare? Nella testa della gente, nei comportamenti quotidiani che formano gli stili di vita, negli oggetti che sono di quella cultura e non di altre?»1. Continuava poi ricordando che nei tardi anni Cinquanta erano diffuse delle cartoline illustrate che riportavano – diversamente combinate ma sempre presenti – immagini di prati, pecore, pastori e nuraghi. Un assemblaggio identitario e di immagine così frequente da risultare quasi scontato. Particolare curioso: la copertina del libro che conteneva tutti gli interventi del seminario riproduceva, manco a dirlo, un nuraghe! (imm. 1)

Copertina del giornale SardiniaPost

Immagine n. 3

Copertina del volume La Sardegna contemporanea

Immagine n. 4

Nei decenni successivi le cartoline sarebbero scomparse, ma la combinazione iconografica che riproducevano sarebbe stata recuperata e sublimata in una produzione culturale anche di alto livello che, ricostruiti codici comunitari autoctoni e irriducibili, avrebbe collocato pecore, pastori e Barbagia al centro e all’origine della Sardegna vera e in costante resistenza2.

V’era in questo recupero una sorta di duplice regressione, una temporale (dal presente al nuragico) e un’altra spaziale (dalle coste e dalle città verso l’interno)3, che si configurava come un ritorno all’essenza e all’anima della “sarditudine”.

Oggi, 2016, tali itinerari a ritroso sembrano aver perso un po’ del fascino di un tempo, soprattutto quelli verso le zone interne; ma quelli temporali all’indietro hanno mantenuto una forza d’immagine per nulla sbiadita. Non si tratterà più di tornare alla civiltà dei nuraghi, ma ai Giganti di Mont’e Prama, i quali vengono spesso utilizzati con ripetitività priva di fantasia per illustrare e vendere la Sardegna, la sua cultura, i suoi prodotti. Basti qui una rapida rassegna, certo non esaustiva: i Giganti in una cassetta di frutta e verdura (imm. 5), i Giganti in una pubblicità della Regione Sardegna (imm. 2), i Giganti sulla copertina di un nuovo giornale (imm. 3).

Pubblicità della cooperativa L'orto di Eleonora

Immagine n. 5

Ma il caso più significativo è rappresentato dalla copertina di un volume sulla Sardegna contemporanea (imm. 4), che in ventisei saggi «prova a parlare di Sardegna dalla Sardegna in maniera libera da obnubilanti furori capaci di produrre l’immagine di un’isola che – paradosso dei paradossi – sembra piacere molto ai “continentali” e in cui pochi sardi, invece, si riconoscono»4. Ebbene, quale immagine di copertina per un volume sulla Sardegna contemporanea, la Sardegna del XX e XXI secolo? È ovvio, la testa di uno dei Giganti di Mont’e Prama, X-VIII secolo a.C.!

Note

1. G. Angioni, F. Bachis, B. Caltagirone, T. Cossu (a cura di), Seminario sull'identità, Cuec/Isre, Cagliari 2007, p. 23.

2. Ad esempio, Giovanni Lilliu vede nei pastori delle montagne «gli elementi più indipendenti e portatori in ogni tempo della resistenza sarda», nel volume n. 6 della collana "La biblioteca dell'identità" de «L'Unione Sarda», p. 142. Ma già nel 1953, nel discorso al Senato pronunciato il 16 dicembre, E. Lussu citava «la resistenza nazionale isolana, la resistenza delle comunità dei pastori della montagna, contro l'invasione straniera», in E. Lussu, Sul brigantaggio in Sardegna, Tipografia del Senato, Roma 1954, p. 6.

3. Gian Giacomo Ortu ha osservato che «la prevaricazione mentale della campagna sulla città appartiene all’intero Novecento sardo», in G.G. Ortu, Città chiusa, campagna aperta. Note sulla Sardegna moderna e contemporanea, in «Meridiana» n. 5, 1989, p. 78.

4. L. Marrocu, F. Bachis, V. Deplano (a cura di), La Sardegna contemporanea. Idee, luoghi, processi culturali, Donzelli Editore, Roma 2015, p. XIV.