di Vincenzo Medde

Il problema è che ciascuno si tiene l’Olocausto che più gli fa comodo.
T. Snyder, Beware the destruction of the state!

Il 15 settembre 1941 era il settantesimo giorno dell'occupazione di Berdičev. Quello stesso giorno iniziò il massacro degli Ebrei in Europa. Esso cominciò a Berdičev.
Naum Epelfeld, cit. in John e Carol Garrard, Le Ossa di Berdičev, Marietti, Genova-Milano 2009, p. 25.

1. Non solo Auschwitz

Auschwitz in molta storiografia, nella coscienza diffusa, nell’insegnamento scolastico è ad un tempo centro e simbolo quasi unico dell’Olocausto. Si tratta però di una centralità che non corrisponde alla realtà storica della Shoah. Auschwitz diventò la più grande fabbrica di morte solo tra la fine del 1943 e gli inizi del 1944, quando l’Olocausto si era in gran parte già consumato. Auschwitz, inoltre, era ad un tempo un campo di lavori forzati e un campo di sterminio, ed era anche il campo nel quale fu internata la maggior parte degli Ebrei occidentali. Tra questi ultimi, coloro che sopravvissero ebbero la possibilità di raccontare pubblicamente la tragedia dei lager nazisti, una volta rientrati o nei loro paesi o, comunque, stabilitisi in paesi liberi. Non ebbero invece la possibilità di raccontare i sopravvissuti che, a guerra conclusa, si ritrovarono al di là della Cortina di Ferro nei paesi a regime comunista.

Furono dunque le memorie dei sopravvissuti raccontate in Occidente, tra le quali Se questo è un uomo e il Diario di Anna Frank, ad assegnare ad Auschwitz quella centralità che nella realtà non ebbe. La spaventosa tragedia dei deportati ad Auschwitz, per quanto orribile, «fu solo una piccola parte dell’Olocausto. Nel 1943 [Primo Levi venne arrestato dalla milizia fascista il 13 dicembre 1943] e nel 1944, quando ebbe luogo lo sterminio della maggior parte degli Ebrei dell’Europa Occidentale, l’Olocausto era in larga misura compiuto. Due terzi degli Ebrei che sarebbero stati uccisi durante la guerra, erano morti già prima della fine del 1942. La maggior parte delle vittime, Ebrei polacchi e sovietici, erano stati uccisi dalle pallottole sparate ridosso alle fosse della morte o dal monossido di carbonio prodotto da motori a combustione interna e pompato nelle camere a gas di Treblinka, Belzec e Sobibor nella Polonia occupata».

L’insistenza esclusiva su Auschwitz ha dunque messo ai margini della memoria prevalente i due gruppi più consistenti che perirono nell’Olocausto: gli Ebrei polacchi e gli Ebrei sovietici, che furono, invece, al centro degli stermini di massa.

Una visione dell’Olocausto più rispettosa della realtà storica deve collocare al centro delle operazioni di sterminio l’Operazione Reinhardt, il massacro degli Ebrei polacchi del 1942. «Gli Ebrei polacchi costituivano la più grande comunità ebraica del mondo e Varsavia era la più importante città ebraica. Questa comunità fu sterminata a Treblinka, Belzec, Sobibor. Circa 1 milione 500mila Ebrei furono uccisi in quei tre campi, 780.863 solo a Treblinka. Solo poche diecine sopravvissero in quei tre campi di sterminio. Belzec, nonostante sia il terzo più importante luogo di morte dell’Olocausto, dopo Auschwitz e Treblinka, è a malapena conosciuto. In quel campo perirono 434.508 Ebrei e ne sopravvissero solo due o tre. Quasi un altro milione di Ebrei polacchi furono uccisi in altri luoghi, in parte a Chelmno, Majdanek, Auschwitz, molti di più nella metà orientale del Paese».

Campi nazisti nella Polonia occupata

Campi nazisti nella Polonia occupata

Al secondo posto in ordine di tragica importanza, dopo l’Operazione Reinhardt, viene lo sterminio di massa degli Ebrei tramite fucilazione in Polonia, Unione Sovietica, Lituania, Lettonia, Estonia. Iniziato nel giugno 1941, continuò in luglio, per raggiungere il massimo della violenza in agosto e settembre: entro la fine del 1941 i Tedeschi e i collaborazionisti locali con le truppe rumene, solo in Unione Sovietica e nei paesi baltici, uccisero un milione di Ebrei. Entro la fine del 1942 vennero uccisi altri 700.000 Ebrei. Anche qui vi furono testimoni e cronisti ai quali però venne impedito di raccontare lo sterminio degli Ebrei, perché Stalin riteneva che bisognava sottolineare che il sacrifico era stato dei russi e non degli Ebrei.

Schematizzando e ordinando le dimensioni dell’orrore, si dovrebbe dire che l’Olocausto fu in primo luogo l’Operazione Reinhardt, poi la fucilazione degli Ebrei polacchi e sovietici, e, infine, Auschwitz.

2. Il 70% degli Ebrei uccisi erano cittadini polacchi e sovietici

Dei 5 milioni e 700mila Ebrei uccisi, circa 3 milioni erano cittadini polacchi, e un altro milione circa cittadini sovietici, che, insieme, rappresentano il 70% del totale. Dopo gli Ebrei polacchi e sovietici, i gruppi più numerosi tra gli Ebrei uccisi furono gli Ebrei rumeni, ungheresi e cecoslovacchi. Se queste cifre della distribuzione geografica dello sterminio degli Ebrei venissero tenute nella dovuta considerazione, il carattere europeo-orientale dell’Olocausto risulterebbe immediatamente evidente.

3. Il paradosso di Auschwitz

Nel dopoguerra la trasformazione di Auschwitz in centro e simbolo dell’Olocausto e il quasi oblio degli altri campi e, soprattutto, delle stragi per fucilazione a Est, ha consentito ai Tedeschi di circoscrivere e distanziare la dimensione delle atrocità perpetrate; era infatti possibile, anche se non del tutto credibile, sostenere che in Germania non si sapesse dell’eccidio di Auschwitz, una lontana località polacca. Non sarebbe stato però possibile sostenere che i Tedeschi ignorassero ciò che era accaduto più a est, dove nell’arco di tre anni diecine di migliaia di Tedeschi avevano fucilato milioni di Ebrei, centinaia di migliaia avevano assistito, milioni ne erano a conoscenza. Infatti, «Durante la guerra, mogli e figli visitarono i luoghi delle stragi e soldati poliziotti e altri scrissero alle famiglie, soffermandosi sui dettagli e, ogni tanto, allegando delle fotografie. Le case tedesche si arricchirono notevolmente grazie ai beni strappati ai cadaveri, spediti via posta o portati da soldati e poliziotti in licenza» (Snyder, Terra Nera: 261-262).

Il campo di Sobibor

Il campo di Sobibor

Ma identificare Auschwitz con l’Olocausto e dimenticare i massacri per fucilazione a Est, in Unione Sovietica, in Polonia, nei Paesi baltici tornava utile anche all’URSS del dopoguerra e alla Russia postcomunista. Perché permetteva di dimenticare che i Nazisti avevano ucciso milioni di Ebrei nei territori che erano sovietici da alcuni anni o da oltre venti, e avevano ucciso in fucilazioni di massa cui avevano preso parte migliaia di cittadini sovietici. Permetteva di dimenticare che la costruzione e la sorveglianza delle camere a gas di Treblinka, Belzec, Sobibor erano anche opera di soldati sovietici, che, internati nei campi di prigionia, erano stati liberati e addestrati a Trawniki (40 chilometri a sud-est di Lublino) dai Tedeschi proprio per adempiere a quelle funzioni di morte. Ed erano cittadini sovietici appartenenti a tutte le nazionalità: bielorussi, ciuvasci, estoni, komi, lettoni, lituani, romeni, russi, tatari, ucraini. Così, anche quando i Tedeschi, sconfitti, se ne erano andati, le fosse comuni piene di cadaveri erano rimaste; eppure, sia nell’Unione Sovietica che nella Russia non più comunista il problema della complicità dei cittadini sovietici nello sterminio degli Ebrei non è entrato nella discussione pubblica. (Snyder, Terra Nera, 253, 262-263).

4. Altri progetti di sterminio

Ma, per rendere all’Olocausto la sua corretta dimensione e il suo più ampio significato, è necessario mettere in evidenza che quello contro gli Ebrei era uno dei progetti di sterminio di massa che i Nazisti intendevano realizzare. Infatti, nei piani di Hitler, Himmler, Goering vi era lo sterminio per fame di 50 milioni di persone, una volta che la sconfitta dell’Urss avesse aperto alla colonizzazione tedesca i territori a est della Polonia occupata.

A Stalingrado la furia nazista fu bloccata, ma in precedenza i Tedeschi avevano espulso mezzo milione di non-Ebrei polacchi dalle terre annesse al Reich, ucciso 10.000 bambini polacchi, affamato un milione di persone nell’assedio di Leningrado e altre 100.000 nelle città ucraine, avevano fatto morire o lasciato morire di fame e malattie tre milioni di prigionieri sovietici. Ancora, spacciandole per azioni contro i partigiani, i Tedeschi uccisero circa 750.000 persone, 350.000 solo in Bielorussia e poco meno in Polonia e Jugoslavia. Nella repressione della rivolta di Varsavia nel 1944 uccisero più di 100.000 Polacchi.

I Tedeschi, in una manciata di anni, uccisero più di 10 milioni di civili, circa la metà erano Ebrei, l’altra metà non-Ebrei. Ebrei e non-Ebrei provenivano dalla stessa area europea: Polonia, Bielorussia, Ucraina, Paesi baltici. Il progetto di uccidere tutti gli Ebrei fu sostanzialmente portato a termine, il progetto di distruggere la popolazione slava fu invece realizzato solo parzialmente.

5. Gli stermini di massa sovietici

Ma la storia dell’Olocausto, anche la più esauriente come storia di uno degli stermini di massa perpetrati in Europa nel XX secolo, sarebbe una storia incompleta se non lasciasse posto anche alla storia di un altro sterminio di massa, quello perpetrato dai Sovietici, i quali tra il 1928 e il 1953 uccisero oltre cinque milioni di Europei, e nelle stesse terre – le Terre di sangue di Snyder – dove venne consumato l’Olocausto. Anche perché il totale degli Europei sterminati dai regimi totalitari a metà del XX secolo comprende in effetti tre gruppi numericamente equivalenti: gli Ebrei uccisi dai Tedeschi, i non-Ebrei uccisi dai Tedeschi, i cittadini sovietici uccisi dallo stato sovietico.

Mappa dei campi sovietici del Gulag

Mappa dei campi sovietici del Gulag

In generale, il regime nazista ha ucciso civili non tedeschi, mentre il regime sovietico ha ucciso soprattutto cittadini sovietici.

Se centrare l’attenzione principalmente su Auschwitz ci allontana dalla piena comprensione dell’Olocausto, centrare l’attenzione principalmente sul Gulag, come pure è accaduto, ci impedisce di comprendere pienamente la dimensione, la natura e il significato degli stermini di massa sovietici.

Il Gulag, infatti, era un sistema di campi di lavoro coatto, non un insieme di strutture di morte, e, se è vero che trenta milioni di cittadini finirono nei gulag, vivendo in condizioni orribili che causarono la morte di circa 3 milioni di deportati, la maggior parte riuscì a sopravvivere. E, anche in questo caso, conosciamo gli orrori del Gulag perché alcuni dei sopravvissuti ne hanno lasciato descrizione e memoria, Aleksandr Solgenitsin ad esempio, in Arcipelago Gulag.

Per uccidere, la volontà di sterminio sovietica e stalinista si servì della carestia, della fame e delle fucilazioni, mezzi tutti che si dimostrarono particolarmente letali in due campagne di morte: la carestia e la fame del 1932-33 e il Grande Terrore del 1937-38.

6. Affamare per controllare

Contadini ucraini verso la deportazione

Contadini ucraini verso la deportazione

Nei primi anni Trenta Stalin aveva annunciato l’intenzione di liquidare i kulak come classe per avere il controllo totale dell’agricoltura da cui estrarre le risorse per finanziare l’industrializzazione a tappe forzate. Diecine di migliaia di contadini furono fucilati e centinaia di migliaia deportati. I sopravvissuti persero le loro terre e anche le indispensabili risorse alimentari, requisite dal governo per essere esportate.

Le prime vittime della fame furono i nomadi kazaki, che contarono 1.300.000 morti. La carestia infuriò in tutta l’Urss, ma ebbe il suo picco in Ucraina, dove la politica delle requisizioni forzate di e della chiusura dei confini appositamente perseguita provocò 3.300.000 morti, in gran parte effetto della volontà di Stalin di dare una lezione agli Ucraini per fiaccarne il presunto nazionalismo.

7. Il Grande Terrore

Nel 1937, quando la sua politica di modernizzazione fallì, Stalin organizzò e diresse il Grande Terrore, che causò la morte 386.798 persone fucilate nell’”Operazione Kulak” e altre 247.157 in operazioni di pulizia etnica contro popolazioni di confine, la maggiore delle quali contro i Polacchi, che fece 111.091 morti. A questi morti vanno aggiunte alcune altre migliaia di vittime uccise in azioni più circoscritte. In effetti, fu Stalin e non Hitler a dare inizio, tra le due guerre mondiali, alle campagne di sterminio per motivi etnici.

8. Non solo Auschwitz e non solo Gulag

Centrare l’attenzione su Auschwitz e sul Gulag comporta due conseguenze negative, perché nasconde il numero degli Europei uccisi e perché sposta il centro geografico degli stermini verso il Reich tedesco e verso la Russia asiatica. Insomma, non ci si rende conto che in dodici anni, dal 1933 al 1944, Nazisti e Sovietici eliminarono dodici/quattordici milioni circa di persone, e questo in una particolare area dell’Europa che comprende la Polonia, l’Ucraina, la Bielorussia, la Lituania, la Lettonia; non in Germania e in Russia.

«Se l’Europa fu, come ha sostenuto Mark Mazower, un continente di tenebra, Ucraina e Bielorussia furono il cuore più tenebroso» (T. Snyder: The ignored reality).

I civili tedeschi e russi morti in operazioni non belliche furono, in proporzione, molti di meno degli Ebrei, dei Polacchi, degli Ucraini, dei Bielorussi.

La rivendicazione russa della primazia della sofferenza si basa da un lato sulla considerazione degli Ebrei solo in quanto cittadini russi, dall’altro sulla inclusione degli Ucraini e dei Bielorussi semplicemente come morti russi «il che equivale a un imperialismo del martirio che, tramite la rivendicazione esplicita delle vittime, avanza la richiesta implicita dei territori» (T. Snyder: The ignored reality).

9. Motivazioni economiche degli stermini di massa

La comprensione degli stermini di massa nell’Europa centro-orientale sarebbe incompleta se non facesse posto anche alle motivazioni economiche. Nelle motivazioni degli stermini di massa perpetrati dai Nazisti e dai Sovietici ebbe un ruolo anche il calcolo economico. L’Urss individuò nell’agricoltura collettivizzata la fonte principale di finanziamento dell’industrializzazione accelerata, e a questo obbiettivo sacrificò quei milioni di contadini ucraini che, secondo Stalin, si opponevano a tale progetto. La Germania nazista prevedeva di trasformare i territori europei centro-orientali in riserva alimentare lavorata da una popolazione schiavile prevalentemente slava. Per entrambi, infine, Sovietici e Nazisti, la Polonia era un ostacolo ai loro piani imperiali, e, pertanto, andava cancellata sia come entità geografica che come identità etnica, attraverso l’invasione delle armate brune e rosse e attraverso le sterminio della sua intellighenzia.

Per concludere possiamo riassumere la sostanza delle ricerche di Snyder sui massacri sovietici e nazisti a questo modo: il significato dell’Olocausto può essere saldamente stabilito quando gli eventi vengano ancorati nella storia europea, ciò che significa che dobbiamo comprendere Auschwitz in modo tale che il simbolo possa essere difeso come parte di una storia più ampia, più orribile e più personale di quanto il simbolo da solo possa comunicare. Come Auschwitz, reso simbolo dell’Olocausto, esclude o mette ai margini della memoria i gruppi più numerosi di vittime, gli Ebrei polacchi e sovietici; altrettanto, il Gulag, reso simbolo delle politiche repressive e criminali dello stalinismo, esclude o marginalizza i gruppi più numerosi di vittime, quelle fucilate o uccise per fame, alle quali non era stata concessa nessuna possibilità di sopravvivenza.

Su Timothy Snyder

Sui risultati delle ricerche di Timothy Snyder si possono leggere in questo sito:
► Il patto Molotov-Ribbentrop e la Seconda guerra mondiale secondo Vladimir Putin
► Il paradigma coloniale nella storiografia dell’Olocausto e la difficoltà di comprendere insieme stalinismo e nazismo.

► La lista completa dei libri, dei saggi, degli articoli di Snyder è disponibile nella sezione a lui dedicata sul sito della Yale University. Una nutrita biblio-sitografia è reperibile nel volume di Helen Roche An Analysis of Timothy Snyder's Bloodlands, Macat Library, 2017.

Bibliografia. Libri, saggi, interviste di Timothy Snyder.

Terre di sangue. L’Europa nella morsa di Hitler e Stalin, Rizzoli, Milano 2011.

Terra nera, l’Olocausto fra storia e presente, Rizzoli, Milano 2015.

Holocaust: The Ignored Reality, «The New York Review of Books», July 16, 2009.

What We Need to Know About the Holocaust «The New York Review of Books», September 30, 2010.

Hitler vs. Stalin: Who Was Worse?, in «New York Review of Books», January 27, 2011.

The causes of the Holocaust Cambridge University Press, 29 March 2012

The Auschwitz paradox: an interview with Timothy Snyder, by Jonathan Derbyshire, «Prospect», September 22, 2015.

Beware the destruction of the state!, An interview with Timothy Snyder, by Luka Lisjak Gabrijelčič, «EUROZINE», September 9, 2016.

 

Fonti delle immagini