La ceramica di Arrigo Visani nella Scuola di via Bellini ad Oristano
di Alfredo Pomogranato
![Arrigo Visani, Due scolari Visani, Due scolari](/images/documenti18/visani/due_scolari.jpg)
Quando Arrigo Visani approda in Sardegna nel 1961, è già un valente pittore e affermato ceramista con una ricca esperienza artistica costruita a partire dagli studi superiori alla Regia Scuola d’Arte di Faenza diretta in quegli anni dal grande Gaetano Ballardini e che annoverava illustri maestri-insegnanti come Domenico Rambelli, Anselmo Bucci, Maurizio Korach e Pietro Melandri. Lì, aveva conseguito il doppio diploma del Corso Tecnico e Artistico. Con questa cassetta degli attrezzi ben fornita torna nella sua città natale, Bologna, per entrare nell’Accademia di Belle Arti. Gli studi universitari saranno importanti per la sua formazione pittorica che passa attraverso la guida di insegnanti del calibro di Giorgio Morandi e Virgilio Guidi.
Perché la Sardegna è rimasta indietro. L’analisi di Paola Maria Arcari
di Vincenzo Medde
![Eugenio Tavolara, Modelli di teste Eugenio Tavolara, Modelli di teste](/images/documenti17/tavolara_teste_100.png)
L’abbandono delle coste e delle terre più fertili della pianura aveva quindi causato nel corso dei secoli il calo consistente delle attività agricole e il conseguente e progressivo ripiegamento verso lo stato pastorale, sicché, durante la lunga dominazione aragonese la pastorizia era diventata dominante, per di più in un contesto d’uso collettivo delle terre che ostacolava l’impiego razionale e produttivo delle risorse. Inoltre, i vincoli e le interdipendenze tra feudalismo e pastorizia si erano rinsaldati nella durata del sostegno reciproco, sicché la Sardegna poteva dirsi una società feudale dal punto di vista politico e pastorale dal punto di vista economico.
Perché la Sardegna è rimasta indietro. L’analisi di Gavino Alivia
di Vincenzo Medde
![Costantino Nivola, Pergola-Village. Vined Orani Costantino Nivola, Pergola-Village. Vined Orani](/images/documenti17/nivola_pergola_village_min.jpg)
«Perché la grande isola è tuttora spopolata, incolta?», si chiedeva già nel 1934 Gavino Alivia in occasione del 12. Congresso geografico italiano che si teneva appunto in Sardegna. «Le cause di questo fenomeno – Alivia vi torna ancora vent’anni dopo – sono essenzialmente storiche: l'isolamento della Sardegna dalle correnti migratorie, dalle invasioni, dagli scambi, la insicurezza del litorale e infine la malaria, che in una popolazione tanto rarefatta ha potuto fare strage».
Grafici e illustratori sardi nella prima metà del Novecento
di Bepi Vigna
![Tarquinio Sini
La toilette della padrona Tarquinio Sini, La toilette della padrona](/images/documenti17/Tarquinio-Sini-La-toilette-della-padrona.jpg)
1. La secessione sarda
La nascita in Sardegna di una scuola di artisti che hanno fatto dell’illustrazione e del fumetto il loro principale campo di espressione, può apparire un fatto abbastanza singolare, se si considera che nell’isola non vi erano strutture editoriali e industriali che offrissero reali opportunità a chi lavorasse in questi settori.
La pastorizia in Sardegna negli anni Cinquanta. Realtà e rappresentazione
di Vincenzo Medde
![Sebastiano Satta, Pastore con gregge](/images/documenti17/pastorizia/sebastianosatta-pastore-con-gregge.jpg)
Sebastiano Satta
Pastore con gregge
«Il pastore ha incorporato in sé, nella propria memoria, destrezza, coraggio e istinto quanto gli occorre per la conduzione del gregge. Secondo la sua stessa rappresentazione egli è uomo che sa il fatto suo, atleta o balente sempre in lotta con la natura, e molto più del contadino capace anche di adattarsi al gioco rischioso del mercato. Ma al mondo non reca che pretese, né la sua intelligenza, per quanto espressiva di miti e poesia, s’applica alle cose per mutarle a loro volta in strumenti o tecniche, cumulando il sapere e le risorse di ieri con quelli di oggi». (G.G. Ortu)
Una miseria corale, la Sardegna negli anni Cinquanta
di Vincenzo Medde
![Regali sardi 2016. Palazzotti di legno colorato per arredare Casa di pastori](/images/documenti16/miseria/palazzotti.jpg)
«Oggi, in una regione che rientra a pieno titolo nella parte più opulenta e sviluppata del mondo, sono difficilmente immaginabili le condizioni di assoluta povertà, di arretratezza e di fame dell’Isola, non solo nel periodo bellico e immediatamente successivo, ma per tutti gli anni Cinquanta. Per oltre un decennio, una miseria corale avvolge città e campagna, zone dell’interno e località marittime».
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