Dittatura e democrazia. Percorso e approdo dei comunisti in Cecoslovacchia e in Italia nel dopoguerra
di Vincenzo Medde
Nel febbraio 1948 il Partito ccomunista cecoslovacco organizzò il “colpo di Praga” con il quale instaurava in Cecoslovacchia una dittatura che sarebbe durata quarant’anni.
Altro fu il destino dell’Italia, nonostante la presenza di un fortissimo partito comunista allineato sulle posizioni sovietiche come lo erano i comunisti cecoslovacchi. Perché l’Italia, pur con dei limiti importanti, rimase una liberal-democrazia, sostanzialmente rispettosa degli essenziali diritti di libertà? Perché il PCI, per sua fortuna, non ebbe le “opportunità” di cui approfittò il PCC?
Viaggio nel comunismo dei Polacchi deportati in Unione Sovietica, 1939-1941
di Zoë Zajdlerowa
I tetti delle vetture erano coperti di neve fresca, ma il terreno intorno era battuto e calpestato. I treni, gremiti di deportati, rimanevano fermi per intere giornate prima di partire, e le rotaie si coprivano di escrementi e della bava gialla e appiccicosa dell’urina che filtrava dagli assiti. Contro lo sfondo bianco si stagliavano le bizzarre figure delle sentinelle impellicciate. Di tanto in tanto si fermavano per battere i piedi per terra, cercando di riscaldarsi con uno strano movimento delle braccia. Ogni soldato portava la baionetta inastata al fucile.
Cecoslovacchia 1945-1950. Un caso di “auto-stalinizzazione”
di Vincenzo Medde

Lo storico americano Bradley Abrams nella storia della Cecoslovacchia del dopoguerra individua una prima fase che va dal 1945 al febbraio 1948, caratterizzata da una competizione politica ancora democratica, e una seconda dal febbraio 1948 al 1950, segnata dalla progressiva presa totalitaria dei comunisti. Quattro avvenimenti cruciali scandiscono il percorso verso la dittatura: le elezioni politiche del maggio 1946; il processo a Jozef Tiso, come cartina di tornasole per valutare i rapporti tra Cechi e Slovacchi; l’accettazione prima e poi il rifiuto del Piano Marshall; la riunione per la fondazione del Cominform nel settembre 1947.
La realtà ignorata. Auschwitz, l’Olocausto e gli stermini di massa in Europa negli studi di T. Snyder
di Vincenzo Medde

Auschwitz in molta storiografia, nella coscienza diffusa, nell’insegnamento scolastico è ad un tempo centro e simbolo quasi unico dell’Olocausto. Si tratta però di una centralità che non corrisponde alla realtà storica della Shoah. Auschwitz diventò la più grande fabbrica di morte solo tra la fine del 1943 e gli inizi del 1944, quando l’Olocausto si era in gran parte già consumato.
Il paradigma coloniale nella storiografia dell’Olocausto e la difficoltà di comprendere insieme stalinismo e nazismo
di Vincenzo Medde
Dei 5 milioni e 700mila Ebrei uccisi nell’Olocausto, circa 3 milioni erano cittadini polacchi e un altro milione circa cittadini sovietici. Dopo gli Ebrei polacchi e sovietici, i gruppi più numerosi tra le vittime furono gli Ebrei rumeni, ungheresi e cecoslovacchi. Per studiare l’Olocausto occorre conoscere le società, le culture, le lingue degli Ebrei che abitavano nell’Europa centro-orientale: yiddish, polacco, russo, in primo luogo.
La lunga gestazione del Piano di rinascita della Sardegna: 1950-1962
di Vincenzo Medde

La lunga gestazione del Piano di rinascita – dodici anni, dal 1950 al 1962 – è dovuta anche ai limiti di capacità progettuali e realizzatrici della classe dirigente sarda, come rilevava la delegazione dell’ufficio di studi economici della società milanese Edison-Volta dopo una visita-indagine in Sardegna. «Non ci è sembrato di trovare quel fervore di iniziative in campo tecnico, di studio, di indagini, che dovrebbero procedere in parallelo con le pressioni al livello politico per ottenere una rapida e soddisfacente formulazione delle legge per il piano. Non si è avuta l’impressione che ci sia una macchina operativa corredata da un ben fornito “armadio di progetti”. Ci è sembrato che tutto resti subordinato alle discussioni politiche e che l’attività si mantenga esclusivamente al livello politico».