Tappeti, artisti, artigiani in Sardegna e in Italia
di Gillo Dorfles
https://www.iconur.it/?start=36#sigProIdffc6e78e94
Il fatto di considerare, a tutti gli effetti, il tappeto come un’opera d’arte ha una tradizione antichissima: nessuno – o ben pochi – ormai ritengono opportuno, come accadeva ancora qualche tempo fa, di fare una distinzione tra valore estetico d’un antico tappeto persiano, d’un tessuto copto o incaico, e quello d’una coeva scultura, ceramica o pittura. Il pregiudizio che, per qualche tempo, fece sì che si considerasse «minore» l’arte cosiddetta «applicata» e decorativa , ha fatto il suo tempo.
I retabli sardi per Wikipedia spagnola non esistono
di Vincenzo Medde
«La storia dell’arte sarda è una disciplina molto recente e lo studio delle sue peculiarità pittoriche non riesce ancora ad avere un giusto peso internazionale». Così rileva Enrico Pusceddu nella sua tesi di dottorato presso l’Università di Barcellona un estratto della quale trovate in questo sito nell'articolo Perché la storia dell'arte sarda viene studiata solo dai Sardi?
Perché il Sud è rimasto indietro
di Vincenzo Medde
Dalla seconda metà dell’Ottocento ai giorni nostri sembrerebbe che l’industrializzazione in Italia abbia seguito un modello diffusivo: dalla Lombardia ad altre aree del Nord-Ovest prima e poi al Nord-Est e al Centro. Ma allora, perché tale diffusione non ha continuato a operare fino a includere il Meridione? Perché il Sud è rimasto indietro? Perché negli anni Settanta del Novecento il Sud ha ripreso ad allontanarsi dal Nord-Ovest mentre il Nord-Est-Centro si avvicinava?
III - Venivano dal mare, ma non per rubare… L’eradicazione della malaria in Sardegna 1946-1950
di Vincenzo Medde

Acque ed erbe palustri vengono irrorate con il DDT
Furat chie benit dae su mare 1… Per una volta (ma, a contarle bene, sarebbero più d’una), chi veniva dal mare – Americani e “continentali”, insieme nel “Sardinian Project” – sbarcava nell’Isola non per rubare, ma per realizzare un esperimento che avrebbe liberato i Sardi da una malattia antichissima, la malaria.
II - Uomini, terre e malaria in Sardegna dal Settecento al Fascismo
di Vincenzo Medde
In queste terre desolate – chiazzate di paludi, acquitrini, fossati, ristagni d’acqua, cave, conche e rivoli, luoghi tutti in cui prosperavano le zanzare, i terribili vettori della malaria – imperversava il morbo, che a metà degli anni Ottanta dell’Ottocento colpiva l’87% dei comuni, cioè 316 su 364. La Sardegna era conosciuta da molto tempo come isola malarica; scrittori, viaggiatori, visitatori, funzionari governativi ne avevano infinite volte lamentato l’insalubrità e la pericolosità, ma negli anni Ottanta si resero disponibili anche in Sardegna dati statistici che permettevano di avere un’idea molto più precisa che in passato della diffusione del morbo nell’Isola.
I - La lotta lunga ottant’anni contro la malaria in Italia
di Vincenzo Medde
1. LA MALARIA “MALATTIA NAZIONALE ITALIANA”
Nei decenni che seguirono l’Unità d’Italia la malaria costituiva «il più grave problema di sanità pubblica a livello nazionale» (Snowden, p. 45). Nel 1882 il senatore Luigi Torelli pubblicò la prima carta della diffusione della malaria in Italia, presupposto conoscitivo per quella che nel 1884 chiamava la necessaria «guerra nazionale» per liberare l’Italia dalla «tirannia della malaria».